COVID-19 in Italia e nel mondo
Il SARS-CoV-2 è ormai ovunque: 75 paesi hanno riportato almeno un caso di COVID-19 e in 13 ha causato almeno un morto (aggiornato al 02/03/2020). Il 05/03/2020 ha superato i 100,000 casi anche se per fortuna più della metà sono guariti.
La Cina continua ad avere il maggior numero di ammalati (23,643) e in particolare la provincia di Hubei, dove è cominciato tutto, è ancora la più colpita (22,628). Sempre considerando il numero dei casi riportati, l’Italia diventa il quarto paese più colpito con 4,636 casi, dietro alla Corea del Sud (6,593) e all’Iran (4,747).
Se consideriamo invece il tasso di mortalità, nella provincia di Hubei siamo intorno a un 4,3%, in Iran al 2,6% mentre in Italia al 4,2%. La mortalità in in questi luoghi è molto elevata se si considera che in Corea del Sud e in Cina al di fuori della provincia di Hubei la percentuale di morti è rispettivamente lo 0,6% e lo 0,8%.
Un tasso di mortalità troppo alto è indice di una probabile sottostima degli infetti, ovvero i casi lievi e asintomatici stanno sfuggendo al conteggio e questo può rappresentare un ostacolo alla circoscrizione dei focolai epidemici e alla conseguente diminuzione dei casi gravi.
Il dato della Corea del Sud in particolare dovrebbe farci riflettere, poiché sono quelli che hanno fatto più test di tutti.
Se prendessimo per buono il loro valore di mortalità potremmo stimare che stiamo “perdendo” tra i 20 e i 30 mila asintomatici o lievemente sintomatici.
Avere una mortalità inferiore è di certo una buona notizia: il problema però è che molte persone per guarire hanno bisogno di essere ricoverati ed alcuni addirittura di essere intubati e ventilati. E non abbiamo molti posti di terapia intensiva in grado di accogliere tutti in caso di epidemia massiva.
Fortunatamente siamo in periodo in cui la normale influenza sta diminuendo e alleggerirà un pò il carico del sistema sanitario.
Diamo adesso una occhiata alla distribuzione delle vittime per classi di età pubblicate dal CDC cinese. Osserviamo che la parte della popolazione a rischio è quella over 50. Agli 80 la mortalità arriva a sfiorare il 15%.
Questo è in linea con quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità riguardo ai deceduti in Italia che avrebbero un età media di 81 anni e in maggioranza uomini (lo studio del CDC cinese indicava 2/3 uomini). Solo il 2,8% era nella fascia 50–59. Inoltre i due terzi avevano patologie pregresse tra cui soprattutto ipertensione, cardiopatia ischemica e diabete.
Ci ritroviamo quindi con un virus che colpisce duramente gli anziani in una popolazione anziana, una situazione ad alto rischio.